Come funziona la magia

Lezione obbligatoria per principianti

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     Top   Dislike
     
    .
    Avatar

    Writer

    Group
    Amministratore
    Posts
    2,015
    Apprezzamenti
    +394
    Location
    Hogwarts

    Status
    Offline

    Come funziona la magia
    Lezione obbligatoria per principianti



    NdA in SPOILER.
    Questa è la prima lezione - obbligatoria - sul funzionamento della magia, ed è alla portata di tutti. La prossima lezione sarà facoltativa perché sarà molto più tecnica... vi sarà spiegato il motivo di tale precisione nella lezione stessa, se desidererete seguirla. Anche questa lezione, come sempre, è ON GdR, ho cercato di imitare un po' lo stile di Riflessi in Com'è iniziato tutto, riconoscerete alla fine alcuni passi della Bibbia, le caratteristiche dell'Uomo sono quelle riportate su Wikipedia - lo giuro - e infine... il narratore è un certo personaggio, di cui scoprirete il nome solo alla fine ma che, se siete bravi, saprete riconoscere subito. Buona lettura!


    LEGENDA
    Lezione.
    Narrato.
    Parole messe in evidenza nella narrazione.



    Non appena entrai nella classe, immediatamente capii che non era una lezione come le altre.
    Sì, lo confesso, non ne avevo seguite molte. Ma d’altronde, io non avevo l’obbligo di seguirle, visto che non possedevo Abilità di nessun tipo; e ogni tanto mi divertivo molto a lasciar da parte i miei studi per ritornare dall’altra parte della cattedra, che ora mi pareva assai più dolce; ed entravo in una classe, mi nascondevo tra qualche studente compiacente e subito assaporavo, rapito, qualche pillola di ciò che mai avrei potuto fare, con il mio gracile fisico o le mie deboli capacità. Ma d’altra parte, il caro Seneca aveva proprio ragione: noi vecchi non siamo poi così diversi dai bambini, perché anche noi siamo ingenui, fragili e perdiamo il nostro primo dentino… e, come per i bambini, non era la materia che mi interessava, ma la sua spettacolarità, la sua novità, le sue incredibili potenzialità. E quella lezione prometteva davvero bene:
    come funziona la magia.
    Quanto mi aveva sempre interessato il mondo della magia! Dovevo aver sicuramente scritto nelle mie memorie di quelle volte in cui ero andato in Transilvania a studiare i vampiri e le loro storie, o in Grecia ad immergermi tra centauri, fauni e unicorni, o sotto le cascate norvegesi, o nella rurale Inghilterra, il mondo di Re Artù e dei suoi valorosi cavalieri della Tavola Rotonda… ed erano passati molti decenni nella mia vita prima di incontrare tre maghi. Di quelli veri, però, non quelli degli scritti che tanto leggevo! E adesso loro stessi mi stavano rivelando i loro segreti, gratuitamente, in cambio di certi miei studi alchemici e chimici. Quel Cameron era davvero strambo… non credevo potessero valere granché, mentre quelle lezioni avevano una validità accademica incredibile, e lui non se ne rendeva quasi conto… Era il preside della scuola più interessante forse dell’intero mondo, e sembrava non accorgersene. E nemmeno i suoi studenti, a giudicare dal baccano che continuavano a fare in classe. Diamine, mi sembrava di essere tornato a settant’anni prima, quando anche io andavo a quelle interminabili lezioni di storia…
    E improvvisamente la luce si spense.
    Io l’avevo detto che non mi sembrava una lezione come le altre. Dov’era l’insegnante? Perché non si vedeva più niente?
    Sentii un brivido di timore scorrere rapido in tutta la classe, e anche io, come gli altri, mi irrigidii sulla sedia, muto, in ascolto.
    Poi, ecco… un leggero vento d’erba fresco si diffuse in tutta la stanza, un uccellino cantò, un leone ruggì… e una placida voce di un’anziana e sconosciuta donna iniziò a raccontare.


    «Si narra che tanto tempo fa, in una zona lontana e remota da ogni luogo conosciuto, venne al mondo una bambina dagli occhi brillanti come stelle. I suoi capelli erano pura luce, mille e mille finissimi fili di madreperla, lievi come un soffio, che sfavillavano dietro di lei; le sue guance erano delicati petali di rosa, la sua risata un tintinnio di mille allegri campanellini, la sua voce un cinguettio di mille dolci uccellini, i suoi occhi un brillio di mille lucenti stelle.
    Questa piccola bimba, dolce, tenera, delicata, era sola al mondo: nessuno la conosceva, nessuno poteva aiutarla, nessuno poteva prendersi cura di lei, nessuno poteva accarezzarla e coccolarla come avrebbe tanto voluto, gattonando piangente in quell’arido e aspro terreno su cui appoggiava le sue morbide manine. Ma, dovunque passava, l’erba cresceva, i fiori si aprivano, i frutti cadevano, i coleotteri zampettavano, le cicale frinivano, i passerotti cantavano, e le sue lacrime venivano asciugate dal vento e dalle foglie. E, se mai si alzava in piedi, subito delicate correnti d’aria si avvicinavano per accarezzarla, e pettirossi le afferravano le velate vesti con il becco e la sollevavano, e lo zefiro leggero le sussurrava dove andare, e il sole la scaldava, e le stelle le illuminavano la via. E, se mai si immergeva nel mare, gli squali pinneggiavano docili, i pesci giocavano, i delfini la trainavano, le stelle marine la solleticavano, i polpi la abbracciavano. Il fuoco non la bruciava, la pioggia non la scalfiva, il fulmine la evitava, il tuono si addolciva, la lava scivolava via, le acque si aprivano, i cieli si calmavano, la terra si acquietava, il vento si placava. E così la bimba trascorse sola anni e anni della sua vita, abbandonata da tutto e da tutti, esplorando il piccolo grande mondo che la circondava, in compagnia della natura che tanto la amava, aiutata da chiunque la incontrava; e pian piano il tempo passò, ed ella divenne una donna.
    Signora della Luce, Madre dell’Universo, Protettrice della Terra, Maestra della Natura, Regina dell’Armonia; così era chiamata, e si diceva che camminasse leggera, scalza, sul terreno arido e lo facesse fiorire; si diceva che un suo tocco facesse cadere le foglie degli alberi, un suo soffio aiutasse i pulcini a volare, una sua carezza addolcisse qualunque bestia predatrice. E il suo canto, oh! Il suo canto era entrato nei sogni di chiunque, come un bacio lieve come un sospiro. Una voce delicata, soave, melodiosa, che suonava le più belle musiche che siano mai state scritte e che ormai sono dimenticate; e scandiva il ritmo della natura, delle stagioni, del tempo stesso; e la sua voce era il fruscio del vento, il fragore delle onde, il cinguettare degli uccellini; e, al ritmo di questa armonia, il mondo nasceva, cresceva, si sviluppava; e le creature cantavano e danzavano in suo onore.
    Una sola regola esisteva per vivere in pace con il mondo: rispettarla. Ogni passo su un mare d’erba accarezza la sua vellutata pelle; addentrarsi in un bosco è pettinare i suoi finissimi capelli; nuotare nel mare è baciare le sue tremule guance; bere da una cascata è asciugare le sue dolci lacrime.
    Ma la Signora della Luce si sentiva sola. Aveva bisogno di compagnia, ormai; era stanca di visitare sempre gli stessi luoghi, di parlare con chi già la conosceva a menadito. Voleva fare amicizia con qualcuno che già non conoscesse, voleva un suo pari con cui parlare, qualcuno da amare più di tutti gli altri.
    Così decise di dar vita ad una nuova creatura, mai vista fino a quel momento. Era di postura eretta, dalle mani sottili e precise, due occhi che scandagliavano il mondo e un’acutissima intelligenza. Si chiamava Uomo. La Signora della Luce sorrise, e il sole brillò per lei: la sua creazione era completata. Distribuì i piccoli cuccioli d’uomo per tutto il pianeta, e diede loro case, raccolti, una lingua, una famiglia. Li amava molto, e spesso li osservava divertita mentre costruivano statue alla pioggia e al vento e li pregavano di aiutarli; ogni tanto, come una madre misericordiosa, concedeva loro ciò che desideravano.
    Ma la Signora della Luce aveva dato all’Uomo un dono che forse non meritava: la Conoscenza del Male. Lei era buona e non era capace di compiere il male; e così credeva che anche l’Uomo sarebbe stato come lei, buono e rispettoso, e anzi, forse creatore di cose meravigliose. Ma purtroppo la Signora della Luce non lo conosceva come credeva.
    Accecato dalla bramosia, utilizzando la sua intelligenza come strumento, l’Uomo sfuggì al suo controllo, non rispettò le sue regole, dimenticò il suo giusto potere; e ben presto, il mondo fu ricoperto dalla sua brutale tortura distruttiva: i campi inaridivano, le piante marcivano, le piogge si inacidivano, il cielo si scuriva, il mare si impeciava, l’aria si appesantiva, il terreno si imbeveva dell’innocente sangue di bambini e infermi, tanto che l’acqua stessa era purpurea. E la Signora della Luce assisteva, impotente, alla distruzione del suo mondo, e piangeva, e le sue lacrime tentavano di lavare dalla sporcizia e dal sudiciume le creature che tanto aveva amato; e l’Uomo stesso, che lei aveva amato più di tutti.
    Ma gli animali non potevano vedere la Signora della Luce soffrire così per una creatura; e di comune accordo, decisero di aiutarla, ribellandosi alla furia umana, distruggendo abitazioni, villaggi, intere città e nazioni. Gli squali li divoravano, le tigri e i leoni li azzannavano, le zanzare succhiavano avide il suo sangue; e sciami di mosche, di zanzare, di cavallette invasero i suoi terreni, e la grandine cadde distruttiva sui suoi raccolti, e invincibili malattie lo decimarono, e persino il vento sembrava sussurrargli lugubri minacce. L’Uomo stava per sparire dal pianeta, ucciso dalla sua stessa forza.
    Ma l’Uomo era intelligente, e fortunatamente se ne ricordò prima della fine. Così un giorno, un dolce bambino biondo di nome Namasté raccolse un gruppo di seguaci e raggiunse la dimora della Signora della Luce. Ella aveva scelto come riparo un’altissima e irraggiungibile montagna, dove le glaciali temperature, i ripidi fianchi e i pericolosi crepacci rendevano quasi impossibile l’impresa di scalarla fino alla cima; occorreva inerpicarsi lungo sentieri nascosti e segreti, lontani da ogni forma di vita, che spesso si affacciavano su un gigantesco strapiombo o avevano come unico sostegno una liscia parete di roccia quasi verticale. E la Signora della Luce stessa si era allontanata da ogni forma di vita: non voleva più ascoltare il dolce canto di un uccellino, il rapido battito delle ali di una farfalla, il laborioso ronzio di un insetto, il frettoloso scalpiccio di una lepre. Ferita, voleva leccarsi le ferite da sola, lontana da tutto e da tutti, tradita dalla creatura che più aveva amato, incapace di prendere parte ad una guerra che non avrebbe compreso mai né vinti né vincitori. Ma Namasté era coraggioso: scalò intrepido la montagna, incoraggiò sempre i suoi compagni, non ti tirò mai indietro; e la sua pazienza fu ricompensata dalla rassicurante vista della dimora della Signora della Luce. Egli bussò cautamente e la porta si aprì con un cigolio; e subito Namasté si inginocchiò ai piedi della Dea, piangendo, abbracciandole le ginocchia e chiedendole perdono. I suoi compari fecero immediatamente lo stesso e così la Signora della Luce, asciugatasi le lacrime di cristallo, si impietosì. Chiese loro come mai fossero arrivati sin lassù da lei. Loro, piangendo, strappandosi i capelli, dichiararono di voler fermare la follia dei loro simili, urlavano che, se avessero avuto i mezzi, l’avrebbero placata. E la Signora della Luce fu colpita dal cuore aperto e sincero di Namasté, quel coraggioso bambino biondo che guidava il gruppo che l’aveva raggiunta fin lassù. Si erano ricordati di lei, le avevano chiesto aiuto. Era dunque tempo che anche lei scendesse in battaglia? Gli occhi blu come il mare di Namasté la fissavano. E tanto disse, e tanto fece, e tanto pregò che alla fine, la Signora della Luce, a malincuore, prese una piuma da terra, ci soffiò sopra e lo accarezzò. E subito un formicolio impalpabile scorse nelle dita e nel cuore di Namasté e dei suoi uomini; e i loro occhi brillarono di felicità e curiosità, genuinamente grati del privilegio che ottenevano.
    E poi la Signora della Luce parlò, e la sua voce era rotta di pianto: «Questa», disse, «è Magia. Vi ho donato un potere enorme, con il quale fermerete questa distruzione. Avrete il potere di fermare il fuoco e controllare l’aria, accendere l’acqua e placare il vento, parlare alle creature e controllare le menti degli uomini, volare sin tra le altre nuvole e scendere fino ai più profondi abissi del mare. La salvezza dell’intero mondo è nelle vostre mani. Andate. Andate!».
    Namasté allora si inginocchiò di nuovo, le abbracciò le ginocchia e pregò, e giurò che l’avrebbe usato bene.
    E poi sparirono, e mai più si ebbero notizie di loro; a parte Namasté che, dopo una vita passata a compiere il bene, tornò di nuovo dalla Signora della Luce e restò nella sua dimora, per consolarla fino alla fine dei suoi giorni. E la Signora della Luce gli donò l’immortalità con un soave bacio, che mandò un vento profumato in tutte le vie e le strade.
    E ancora adesso la Signora della Luce aspetta, seduta, che gli amici e i discendenti di Namasté usino bene il grande potere che gli fu donato; e medita se sia il caso di concederglielo ancora o di sottrarglielo, permettendo infine alla natura di scatenare tutte le sue forze contro l’Uomo.

    Dunque, o bambini che avete prestato così attenzione a questa storia. Meditate, e ascoltate le mie parole.
    Beati i cauti in spirito, perché di essi è la pace perpetua.
    Beati i sofferenti, perché saranno consolati.
    Beati i miti, perché erediteranno la Magia.
    Beati quelli che hanno fame e sete di amore, perché saranno saziati.
    Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
    Beati i puri di cuore, perché vedranno la Signora della Luce.
    Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati i Salvatori della Natura e degli Uomini.
    Beati voi quando vi insulteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi a causa delle mie parole.
    Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa dalla Signora della Luce.

    Dunque andate, bambini. Andate, e rammentate le mie parole!»


    Le luci si riaccesero, ma nessuno si alzò dal suo posto. O meglio, quasi nessuno.
    Io ero praticamente sbalzato fuori dalla stanza, e il motivo era chiaro: avevo un preciso compito da svolgere in quel momento.
    Scattai come un fulmine verso la lezione successiva dedicata alla magia: lezione facoltativa per appassionati. Avevo un gran lavoro da fare, me lo sentivo. O non mi chiamavo più Archeologus Leggendus.




    Creative Commons License

    Questo testo è stato scritto da Sylvia Green, cioè da me. Idee e stile mi appartengono, quindi potete riportarli in altri siti solo se creditate me e lo Shadow's Masquerade Circus.
    This work is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivatives 4.0 International License.

     
    Top
    .
0 replies since 3/8/2016, 00:35   31 views
  Share  
.